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I racconti di Ted Chiang
Fantascienza umanista
In un’intervista su Electric Literature, Ted Chiang dice che la pandemia del Covid-19 non funzionerebbe come trama di un romanzo. Quello che funzionerebbe di meno, poi, è la pessima gestione di quest’emergenza (operata in quasi tutto il mondo). Vedere all’opera governi del genere minimizza la minaccia, e porta il lettore a concludere che se le persone al comando avessero fatto il loro lavoro il virus non sarebbe pericoloso. Una storia del genere più che un romanzo distopico potrebbe essere una satira politica grottesca.
Ted Chiang è un scrittore di racconti di fantascienza. Scrive poco, «solo quando mi viene un’idea», diceva in un’intervista sul New Yorker. Si considera uno scrittore part-time, il suo vero lavoro è quello del programmatore informatico. In Italia sono state pubblicate due sue raccolte, Storie della tua vita — dal racconto del titolo è stato tratto il film Arrival, di Denis Villeneuve — e Respiro.
In un bell’articolo de Il Tascabile dedicato a Chiang si parla di «fantascienza umanistica»:
Per avvicinarsi al nucleo emotivo dei suoi racconti bisogna sempre attraversare una densa e ossigenante atmosfera intellettuale: la sua fantascienza si muove sistematicamente oltre gli schemi narrativi correnti e spesso il lettore, al di là del carattere tendenzialmente “a tema” e dell’uso di motivi classici, è chiamato proprio a un lavoro di decodifica dell’oggetto scritto: sono i frame, le cornici nelle quali si dispiegano le storie che allora vanno decifrate e comprese, in questo risiede l’interesse di molti racconti: che mondo è, come funziona, cosa significa, cosa cambia e cosa dice del nostro.
Nell’intervista su Electric Literature, Chiang parla proprio degli schemi narrativi delle storie di fantascienza e non:
Le tradizionali storie “del bene contro il male” seguono un certo schema: il mondo inizia come un buon posto, il male si intromette, il bene sconfigge il male e il mondo torna ad essere un buon posto. Queste storie riguardano il ripristino dello status quo, quindi sono implicitamente conservatrici. Le vere storie di fantascienza seguono uno schema diverso: il mondo inizia come un luogo familiare, una nuova scoperta o invenzione sconvolge tutto e il mondo è cambiato per sempre.
Respiro
I racconti di Ted Chiang ti restano in testa per un bel po’. Tutti quelli presenti in Respiro, ad esempio, sarebbero da segnalare per una qualche ragione. “Il ciclo di vita degli oggetti-software”, pubblicato qualche anno fa come romanzo breve; “Il mercante e il portale dell’alchimista”, quasi perfetto, vincitore di vari premi; “L’angoscia è la vertigine della libertà”, con la storia dei prisma quantici; “La verità del fatto, la verità della sensazione”, dove c’è un parallelismo tra un mondo dispotico, con una tecnologia che permette di ricordare tutto, e una società tribale africana dove sta avvenendo il passaggio dalla cultura orale a quella alfabetico. Riporto un passaggio sotto, senza le conclusioni a cui arriva il protagonista del racconto:
Per quanto mi riguarda sarebbe facile affermare che le culture alfabetizzate sono superiori a quelle orali, ma visto che queste parole le sto scrivendo anziché dirle, i miei pregiudizi sarebbero evidenti. Meglio ammettere invece che per me è più facile apprezzare i vantaggi dell’alfabetizzazione e più arduo riconoscere quanto ci sia costata. L’alfabetizzazione spinge una cultura a dare più importanza ai documenti scritti e meno all’esperienza soggettiva, e in generale ritengo che pro superino i contro. I resoconti scritti possono essere soggetti a ogni tipo di errore, la loro interpretazione tende a cambiare, ma quantomeno sulla pagina le parole sono fisse, e questo è oggettivamente un pregio.
Per quanto riguarda i nostri ricordi personali, la mia posizione è opposta. Avendo costruito la mia identità a partire da una memoria organica, la prospettiva di eliminare la soggettività dal ricordo degli eventi mi fa paura. Ho creduto a lungo che per ogni individuo raccontare storie su se stesso fosse un bene, un bene che non può comunque valere per le culture, ma io sono un prodotto del mio tempo, e i tempi cambiano. Non possiamo impedire l’adozione della memoria digitale più di quanto le culture orali possano fermare l’arrivo dell’alfabetizzazione, quindi il meglio che posso fare è qualcosa di positivo in questo.