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Proxima Nova
Breve storia per i suoi 20 anni
Sui social, per anni si è fatto quel giochino delle liste. (Forse si fa ancora, ma li frequento meno). Si trattava di stilare una lista di 10 libri, album o film che ti hanno più influenzato. Ho sempre pensato che sarebbe stato interessante farlo anche per i font. (Ognuno ha le sue).
Ci ripensavo qualche giorno fa, leggendo un post di Mark Simonson che celebrava i 20 anni del Proxima Nova. Se dovessi fare una lista dei font che più mi hanno influenzato, di sicuro metterei il Proxima Nova nella top 3, se non al primo posto. Poi ci torniamo. Per “influenzato” intento che in qualche modo hanno migliorato e aiutato il mio modo di progettare.

Prima del Proxima Nova c’è stato il Proxima Sans, rilasciato nel 1994. In un primo momento, Simonson aveva pensato di chiamarlo Visigothic, ma non gli rendeva giustizia, «inoltre non metteva in risalto alcune delle caratteristiche più forti del font, come la “s” e la “a”. A volte i nomi dei caratteri vengono scelti apposta per valorizzare certe lettere, ed è stato proprio il caso del Proxima Sans».1
Proxima Sans uscì nel 1994. Era una famiglia piccola, con un set di caratteri limitato e solo tre pesi (più i corsivi). Nonostante qualche utilizzo qua e là, non ebbe particolare successo, anche a causa di pratiche tipografiche limitate per l’epoca (prima di OpenType e Unicode) e di errori di distribuzione.
Poi nel 2002 succedono due cose, in qualche modo collegate.

Proxima Sans viene usato per titoli, didascalie e testi piccoli nel redesign di Matthew Ball della rivista Rolling Stone.
Gotham, progettato da Hoefler e Frere-Jones per GQ a partire dal 2000, viene reso disponibile al pubblico. Gotham aveva un’aria molto simile al Proxima Sans, tanto che Jonathan Hoefler, vedendo Rolling Stone, pensò inizialmente che fosse il Gotham, chiedendosi come facessero ad averlo senza licenza.
Questi episodi convincono Simonson che poteva esistere un mercato per qualcosa come il Proxima Sans. Decise così di ridisegnarlo da capo, modificando quasi tutti i caratteri e i pesi, sfruttando il formato OpenType per aggiungere un migliore supporto linguistico e altre finezze tipografiche come il maiuscoletto e i caratteri alternativi. Creò di fatto un nuovo font, il Proxima Nova. In un’intervista del 2015 a Cameron Moll lo descrive come un ponte tra il Futura e l’Akzidenz Grotesk.
Nel 2009 arriva Typekit (poi acquistato da Adobe e diventato Adobe Fonts), una delle prime aziende a fornire un servizio di font-hosting facendo evolvere il design dei siti web, all’epoca legato ai font di sistema, aprendo la strada ai font personalizzati. Simonson rese disponibile il font su Typekit e in poco tempo divenne uno dei font più usati nei siti web, fino a diventare il font commerciale più popolare online. Successo che portò poi a un’adozione molto più ampia, anche fuori dallo schermo.
Già nel 2015 ci si poteva imbattere in articoli con titoli come: Why Proxima Nova Is Everywhere.
Nel tempo la famiglia del Proxima Nova si è arricchita fino a oltre 80 stili, e di recente ha ampliato ulteriormente il supporto linguistico.

Tornando al giochino delle liste: vi spiego perché metto il Proxima Nova così in alto. Uno dei primi progetti in cui ebbi pieno potere decisionale fu una serie di congressi medici. Ogni congresso aveva la sua identità visiva, ma c’era bisogno di una struttura comune che rendesse il lavoro veloce e coerente: brochure, programmi, manifesti, roll-up, mini siti web. Decisi di acquistare Proxima Nova proprio perché aveva già un’ampia famiglia, con pesi e larghezze che offrivano versatilità sia su stampa che sul web.
Comprai la versione desktop per la parte destinata alla stampa e usavo la versione web con Typekit. Il Proxima Nova divenne uno strumento di identità e di sistema che semplificava il workflow, riduceva le decisioni da prendere e garantiva coerenza ovunque. Un approccio che ho poi applicato molte altre volte in tanti progetti.
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Cameron Moll, “Proxima Nova, ca. 1981” (2015) ↩