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La grafica svizzera secondo Boggeri
Bruno Monguzzi ricorda un incontro avuto con Antonio Boggeri
Antonio Boggeri è considerato il padre della moderna grafica italiana. Nel 1933, dopo la sua esperienza lavorativa presso Alfieri & Lacroix, uno dei maggiori stabilimenti tipografici italiani del periodo, apre lo Studio Boggeri. Per lui si ritaglia il ruolo di art director, figura che ancora doveva ben definirsi nel mondo della grafica e della pubblicità. Con le sue idee e la sua abilità nel coordinare personalità anche molto diverse tra loro diventa un polo d'attrazione per i maggiori grafici italiani e non.
Transitano e collaborano con lo Studio Boggeri, tra gli altri: Walter Ballmer, Aldo Calabresi, Erberto Carboni, Fortunato Depero, Franco Grignani, Lora Lamm, Arnaud Maggs, Enzo Mari, Armando Milani, Bruno Munari, Till Neuburg, Bob Noorda, Imre Reiner, Roberto Sambonet, Albe Steiner, Bruno Monguzzi.
Le attività dello Studio Boggeri si fondavano principalmente sulle teorie del Bauhaus e della scuola tipografica svizzera, anche se Boggeri aveva le sue idee su quelle teorie.
Bruno Monguzzi, svizzero di nascita, nel suo libro Cinquant’anni di carta, ricorda l’incontro con Antonio Boggeri a Milano che cambiò il suo modo di vedere la grafica svizzera, quando ascoltò per la prima volta la teoria della ragnatela:
Mi ero innamorato dell’uomo, delle sue idee, dello studio con balcone rivolto verso i Giardini Pubblici di via Palestro. Un giorno, abbassando il suo metroeottantacinque e sollevando le scarne e lunghe mani, le più belle mani che abbia mai toccato, mi aveva confidato la sua teoria sulla ragnatela. Come la ragnatela la grafica svizzera era perfetta, ma a volte di una perfezione inutile. Utile la ragnatela sarebbe divenuta soltanto quando la mosca ne avesse infranta la meticolosa costruzione. È così, su istigazione di Antonio Boggeri, che comincia per me agli inizi degli anni 60 la lunga caccia, nell’asettico universo di un’educazione calvinista, a un'improbabile mosca. Desterilizzare il rigore era un inaspettato problema in più. Alla formulazione dell'anonima informazione, così diligentemente appresa e perseguita, si trattava di mettere in atto quel cassandriano “spectacle dans la rue”, che lui raffinato borghese, con lieve accento pavese, costantemente esigeva. Una “mise en scène” invece di una “mise en page”.