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Il codice della vita
Sul numero 1035 di Internazionale del 24 Gennaio c’è un articolo di Juliet Waters dal titolo Diffidate degli scrittori tecnofobi, apparso sul New York Times con il titolo The Code of Life.
La Waters, che di lavoro fa la critica letteraria, parla di quando, nel 2012, si è iscritta a un corso online di programmazione di Codeacademy. Non specifica quale codice ha imparato a usare, ma scrive molte riflessioni interessanti su come questa esperienza l'ha cambiata. Riflessioni che valgono se si scrive HTML, CSS, PHP o Objective-C:
La prima sorpresa di imparare a programmare? Mi sono veramente divertita. Sì, programmare è impegnativo, frustrante e spesso noioso. Ma offre soddisfazioni che non sono troppo diverse da quelle di scrivere. Gli eleganti raccordi logici, l’attenzione per i dettagli, l’obiettivo di raggiungere il massimo impatto con il minimo di righe, la sensazione di creare qualcosa di accattivante a partire da poche idee sottili e astratte: come critica queste sfide mi erano familiari. Dopo meno di tre mesi avevo interiorizzato una nuova logica, un diverso modo di guardare all’informazione. (i grassetti sono miei)
Se avete letto qualche altro post di questo sito saprete che insegno web design all’Accademia di Belle Arti di Catania.
Il corso di web design si fa al terzo anno del triennio. Gli studenti approcciano questa materia dopo tre anni di corsi di progettazione grafica tra creazioni di marchi e impaginazioni di copertine e riviste. Arrivano con la mente in formato A4. Provo a spiegargli subito che la cosa più difficile per disegnare pagine web non è l’HTML-CSS, ma cambiare il modo di ragionare. Ma per cambiare modo di ragionare bisogna imparare un minimo di HTML-CSS.
La Waters mi aiuta e conferma, scrivendo che con quel corso non ha solo imparato un codice di programmazione — «conoscere meglio il codice mi fa sentire più legata agli altri nella nostra società tecnologica» — ha anche acquisito un nuovo punto di vista:
La più grande sorpresa è stata la sensazione che la mia mente mi appartenesse di nuovo. Era diventato più facile controllare e filtrare l’invadente agenda della tecnologia mobile. Ho anche imparato a usare i social network per arricchire la mia vita, anziché rovinarmela. (i grassetti sono miei)
Con questa nuova consapevolezza continua l’articolo parlando delle critiche alla tecnologia, internet e il web nello specifico, di scrittori contemporanei come Franzen e Eggers.
Ora ne so anche abbastanza da essere infastidita dal tono apocalittico assunto negli ultimi tempi da due dei nostri scrittori più influenti. […] Hanno ragione sui pericoli di una nuova tecno élite che controlla non solo i nostri computer ma anche i nostri libri e, sempre più spesso, quotidiani e riviste. Ma sembrano non capire che anche gran parte dello stesso mondo tecnologico è, ed è sempre stato, preoccupato per questo.
Durante il corso chiedo ai miei studenti di iscriversi a vari social e servizi online. In genere ci sono sempre proteste che vanno da accuse di violazione della privacy a frasi tipo «ma questo social non serve a niente», «a me non interessano i social, io voglio fare il grafico».
La mia richiesta è un modo per spiegare perché esistono cose come jQuery o Wordpress, come funzionano alcune dinamiche del web, come condividere esperienze e conoscenza (che è uno dei modi migliori per acquisire esperienza e conoscenza). E naturalmente per disegnare al meglio pagine web. Se non si usa il web quando si disegnano pagine web, quelle pagine web sapranno sempre di A4.
Continua la Waters:
Per ogni Amazon o Facebook impegnati a domare il pianeta, c’è un gran numero di altre aziende che fanno a gara nel liberarlo: per esempio aziende open source come WordPress, il cui cofondatore, Matt Mullenweg concepisce l’espansione non tanto come una multinazionale elefantiaca al servizio del profitto di pochi, ma come una città di sviluppatori e web designer collegati tra loro e con diverse specializzazioni. Oppure GitHub, che gestisce un deposito open source usato dai programmatori per collaborare e condividere, con il suo modello di organizzazione piatta che punta a eliminare i dirigenti intermedi.
Senza dimenticare personaggi come Aaron Swartz, morto suicida nel 2013 a 27 anni. Fondatore di Reddit, co-autore delle specifiche sull’RSS, programmatore sotto la guida di Lessing delle licenze Creative Commons, attivista nelle battaglie per l’open access e l'open science.
La Waters conclude l’articolo parlando di Socrate, e del monito ai suoi allievi sulla rapida diffusione di una nuova tecnologia che avrebbe devastato la loro memoria e il loro istinto per la verità: la parola scritta.
Per certi versi aveva ragione. Abbiamo perso la capacità di memorizzare coltivata dalla narrazione orale. Ma quanti di noi rinuncerebbero agli immensi vantaggi – scientifici, economici, sociali e artistici – prodotti dalla conoscenza collettiva disseminata in tutto il pianeta attraverso i secoli e resi possibili dalla scrittura?
E quanti allievi di Socrate seguirono il suo consiglio, dopo tutto? Cosa ne fu di loro? Chi lo sa. Conosciamo solo quelli che non lo ascoltarono.