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Empatia e tecnologia

Poco fa leggevo un post della mia amica Valentina dal titolo L’amore al tempo del traffico dati. «Sono circondata da persone che preferiscono avere relazioni via web invece che ‘live’», scrive Valentina, interrogandosi sulle dinamiche comunicative tra chat, social e servizi di messaggistica varia.

Illustrazione di Jean Jullien

Perché invece di passare ore intere a inseguire il ticchettio dei tasti e i veloci movimenti dei pollici, non ci si vede per un caffè? Non è più semplice invitare qualcuno o accettare un invito per vedersi, parlare, “annusare” i rispettivi ferormoni per capire le compatibilità o se può nascere una bella amicizia?

Come si è ridotta l’esigenza di avere relazioni?
Preferiamo delegare tutto a un canale di comunicazione remoto? Oppure siamo talmente malati di tecnologia che la relazione preferiamo averla con il mezzo invece che con la persona con cui lo condividiamo?

Finito il post mi è venuto in mente un articolo dello scrittore Jonathan Safran Foer apparso su Repubblica.

Foer sembra dare qualche risposta a Valentina, o almeno cerca di capire come sta cambiando il suo modo di relazionarsi con gli altri e darsi (darci) qualche spiegazione su quello che sta succedendo.

L’uso quotidiano che faccio delle comunicazioni grazie alla tecnologia mi sta cambiando, sta facendo di me una persona che ha maggiori probabilità di dimenticare il prossimo.

Il flusso dell’acqua scava la roccia, un poco alla volta. E anche la nostra personalità è scavata dal flusso delle nostre abitudini.

La tecnologia nasce per aiutarci nelle nostre attività, che siano lavorative o relazionali. Sembra però che anche in questo campo preferiamo la bassa qualità, preferiamo gli sms a una telefonata come preferiamo la bassa qualità della musica in mp3 o dei film in streaming.

Continua Foer:

Gran parte delle nostre tecnologie della comunicazione sono iniziate come sostituti inferiori di un’attività impossibile. Non potevamo incontrarci sempre a quattr’occhi, così il telefono ha reso possibile mantenerci in contatto anche a distanza. Non si sta sempre in casa, così la segreteria telefonica ha reso possibile un tipo di interazione anche senza che l’interlocutore debba stare accanto al suo telefono.

La comunicazione online è nata come sostituto della comunicazione telefonica, che per chissà quale motivo era considerata troppo gravosa o sconveniente. Ed ecco i messaggi di testo, che hanno facilitato e reso ancora più rapida e più mobile la possibilità di inviare messaggi. Queste invenzioni non sono state create per essere sostituti migliori rispetto alla comunicazione faccia a faccia, bensì come evoluzioni di sostituti accettabili, per quanto inferiori. Poi, però, è successa una cosa buffa: abbiamo iniziato a preferire i sostituti inferiori. È più facile fare una telefonata che darsi la pena di incontrare qualcuno di persona. Lasciare un messaggio alla segreteria telefonica di qualcuno è più comodo che conversare al telefono: si può dire ciò che si deve dire senza attendersi risposta.

Le notizie difficili si comunicano così più facilmente. È più agevole farsi vivi senza la possibilità di lasciarsi coinvolgere. Gli sms sono ancora più facili, in quanto le aspettative dell’articolazione delle parole sono ancora minori, e c’è a disposizione una corazza in più dietro la quale nascondersi.

Non c’è cena o serata con amici senza che qualcuno non passi parte la maggior parte del tempo su Twitter, Facebook o cercando su google quello che si dice.

Spesso utilizziamo la tecnologia per risparmiare tempo, ma sempre più ciò assorbe il tempo che abbiamo risparmiato, oppure rende quel tempo risparmiato meno presente, intimo e ricco. Temo che quanto più avremo il mondo a portata di dita, tanto più lontano esso sarà dai nostri cuori. Ciò non significa essere pro o contro — essere “contro la tecnologia” quasi certamente è l’unica cosa più stupida dell’essere perdutamente “filo-tecnologici” —, ma è una questione di equilibrio dalla quale dipendono le nostre vite.